Rivista Cani Utili n°261 - Gennaio 2015
- Pubblicato in Razza Dogo Argentino
- Letto 3672 volte
- dimensione font riduci dimensione font aumenta la dimensione del font
- Stampa
Non è mai facile “trapiantare” una razza canina creata in una nazione lontana per scopi inseribili in un contesto culturale magari agli antipodi del nostro. L’Argentina aveva una sola razza autoctona, il Perro de Pelea Cordobès, utilizzato prevalentemente come cane da combattimento. Antonio Nores Martínez forse intuì che se il processo culturale avrebbe da un lato contribuito ad eliminare quella barbarie, dall’altro avrebbe comportato una perdita zootecnica per il suo Paese. Pensò quindi di dar vita ad una razza nazionale più “moderna” nella poliedricità di impiego.
Dopo aver assistito a un combattimento tra cani, Martínez ebbe l’idea di creare una razza da utilizzare per la caccia grossa contro il cinghiale e i puma. Per questo scopo era inadatto l’autoctono Perro de Pelea Cordobès, aggressivo e feroce ma eccessivamente lento e forse un po’ carente di quelle doti olfattive indispensabili per un utilizzo venatorio.
Nonostante quest’ultimo fattore non del tutto positivo, Martínez scelse di utilizzare questa razza (nel cui corredo genetico figuravano vari molossoidi) come base di partenza perché il mantello era quasi sempre bianco e questo costituiva un fattore irrinunciabile per un cane destinato a cacciare in aperta campagna. Dopo avere accuratamente vagliato le qualità fenogenotipiche di diverse razze, Martínez effettuò vari accoppiamenti incrociando tra loro il Perro de Pelea Cordobès, con varie razze anche genotipicamente molto differenti tra loro.
Una prima bozza di standard risale agli anni trenta e poi furono apportate varie modifiche fino ad arrivare all’ultimo standard ratificato dalla FCI nel 2011, dove il nostro è inserito nel secondo gruppo: Cani di tipo Pinscher e Schnauzer, Molossoidi, Cani da Montagna e Bovari Svizzeri. Sezione 2.1. Molossoidi, tipo Dogo. Senza prova di lavoro.
La premessa storica recita che:
Questa razza è originaria della Provincia di Cordoba, regione mediterranea della Repubblica Argentina. Il suo creatore fu il Dr. Antonio Nores Martínez, nato a Cordoba nel 1907 e morto nel 1956, eminente ed attivo chirurgo. Il suo lavoro partì dall'incrocio metodico del “Viejo Perro de Pelea Cordobés”, esemplare di grande potenza e forza, prodotto dall'incrocio, che allora si faceva, tra esemplari di Bulldog e Bull-Terrier. Scelse per l'allevamento, esemplari totalmente bianchi, senza prognatismo, con testa pesante e dal muso lungo. Dopo un'intensa e minuziosa selezione e studio delle caratteristiche, in varie generazioni, raggiunse il suo obiettivo, formando varie famiglie, partendo sempre dal quel “Viejo Perro de Pelea Cordobés”, incrociato al principio, con Bulldog Inglese, Alano, Mastino dei Pirenei, Bull-Terrier, Boxer, Pointer, Dogue de Bordeaux e Irish Wolfhound. Nell'anno 1947 la razza era già creata e stabilizzata geneticamente e fenotipicamente; per questo motivo lo stesso anno venne presentato nel “Club dei Cacciatori” della città di Buenos Aires lo standard di razza.
La sua forza, tenacia, olfatto e coraggio lo rendono ineguagliabile tra i cani da muta per la caccia ai cinghiali, pecari, puma ed altre specie predatorie dell'agricoltura e d'allevamento, che abitano le vaste ed eterogenee regioni del territorio Argentino. Questa è l'attività tradizionale per cui Antonio Nores diede vita a questa razza. Nell'anno 1964, è riconosciuta come razza dalla Federazione Cinofila Argentina e dalla Società Rurale Argentina, le quali aprono il “Registro Genealogico”, iniziando così la sua iscrizione.
Recentemente, nell'anno 1973, viene accettata dalla FCI. Tutto questo grazie alla veemente passione e all'ineguagliabile lavoro e sforzo del Dr. Austín Nores Martínez, fratello del creatore della razza, che ottiene questo riconoscimento non solo per la sua azione individuale, ma soprattutto, per l'azione della Federacion Cinològica Argentina e del Club del Dogo Argentino“Dr. Antonio Nores Martínez”.
La definizione fornita dallo standard è molto precisa: “cane da caccia grossa”.
Il comportamento è descritto con altrettanta precisione: ”deve essere silenzioso, nessun latrato sulla traccia, di buon olfatto, scattante, agile, forte, rustico e soprattutto coraggioso. Non deve mai essere aggressivo con gli esseri umani, caratteristiche che sarà valutata severamente. Deve interagire con il suo proprietario senza condizionamenti e riserve.”
E qui riprendo quanto detto all’inizio, e cioè che non è facile “adattare” a una realtà diversa una razza selezionata per uno scopo così specifico. Lo svolgimento della caccia grossa presenta aspetti cruenti come l’assalto e l’uccisione della preda da parte dei cani, che fortunatamente in Italia sono vietati. La magistratura si sta occupando, e spero in maniera adeguata, di individui che, ponendosi fuori dalla legge, attuano questa pratica venatoria aizzando i Dogo Argentino in maniera ignobile dapprima con piccole prede e poi con cinghiali introdotti in angusti spazi. Il pubblico ha potuto vedere un servizio inerente nel corso della trasmissione televisiva “striscia la notizia”. Al di la dell’ovvietà del fatto che non si può fare ciò che è vietato per legge, il danno di immagine alla razza è considerevole perché purtroppo vige sempre la tendenza (errata quanto si vuole) a generalizzare.
In Italia il Dogo Argentino sta vivendo un momento di grande diffusione che deve essere assolutamente gestita al meglio dal Club di razza anche sotto il profilo di una corretta informazione. La progressione numerica si commenta da sola: dai 642 soggetti iscritti ai registri genealogici nel 2006, si è passati ai 909 nel 2012, e ai 1093 nel 2013.
Ho studiato molto, sotto il profilo caratteriale, questa razza geneticamente giovane ma genotipicamente antica nel rispettare le classiche caratteristiche guardiane dell’arcaico molossus. Ed è proprio questa peculiarità che deve essere privilegiata nella selezione europea in modo da inserire questo cane nel moderno contesto culturale europeo. Ho avuto modo di giudicare qualche esemplare di Dogo Argentino nelle prove di lavoro per cani di utilità e in alcuni di essi ho notato anche una certa propensione alla difesa personale ma si tratta pur sempre di qualità soggettive ben lontane dalle evolute caratteristiche di specializzazione. Nel senso che non ho mai notato timore alla minaccia effettuata dal figurante ma i tempi di reazione, che ritengo fisiologici in rapporto alle caratteristiche di razza, non sono sempre immediati. Ecco perché non avrebbe senso istituzionalizzare una prova di difesa.
Si tratterebbe di una forzatura già erroneamente pretesa nelle razze conduttrici del gregge dove alla funzione primaria da sempre si associano spontaneamente gli altri compiti di fattoria come la guardia e l’occasionale difesa del padrone ma non certo a livello specialistico. Nel nostro caso si correrebbe il rischio di voler velocizzare i tempi di reazione ma sarebbe una forzatura assurda e ingiustificabile perché dannosa per il cane.
Il Dogo Argentino può e deve essere considerato un ottimo cane da guardia e a questa dote naturale si deve accompagnare un naturale equilibrio di carattere. Ho già illustrato su queste pagine il mirato e ampiamente condivisibile intento zootecnico perseguito dal Dogo Argentino Club Italia (fondato nel 2003) che ha richiesto all’ENCI di affrontare un test caratteriale che prevedeva il superamento del CAE1, dell’indifferenza allo sparo e di una prova di resistenza. Da questo si evince la giusta necessità di valorizzare questa razza in un utilizzo più consono alle esigenze del nostro contesto culturale.
I PRINCIPALI ASPETTI DELLO STANDARD MORFOLOGICO
L’ultima stesura dello standard, molto opportunamente, ha corretto alcuni gravi errori precedenti dove, incredibilmente, non si attribuiva la dovuta importanza a difetti assoluti quali la depigmentazione e la dentatura incompleta.
ASPETTO GENERALE
E' un cane atletico, mesomorfo, normotipo, dalle proporzioni armoniche. Ha una muscolatura potente, è agile, il suo aspetto esteriore dà la sensazione di potenza, energia e forza, in contrasto con la sua espressione amichevole e mansueta. Interamente bianco, può avere una sola macchia scura sul cranio.
Io apprezzo molto il Dogo Argentino e ringrazio, con l’occasione, i cultori della razza per tutti i ragguagli che mi hanno sempre fornito ma vorranno scusarmi se avanzo qualche perplessità sulla definizione dell’espressione che non mi sembra tanto amichevole ne mansueta.
PROPORZIONI IMPORTANTI
Mesocefalo, il muso deve avere la stessa lunghezza del cranio. L'altezza al garrese deve essere leggermente superiore all'altezza alla groppa. L'altezza al torace deve rappresentare il cinquanta per cento, come minimo, dell'altezza al garrese. La lunghezza del corpo deve superare fino ad un dieci per cento (non di più) l'altezza al garrese.
TESTA
Di tipo mesocefalo, dall'aspetto forte e potente. I suoi assi cranio facciali sono convergenti.
Alcuni autori hanno coniato la definizione di “testa mesocefala” che si avrebbe quando la larghezza del cranio misura la metà della lunghezza totale della testa. Non ho mai condiviso questa tesi. In termini cinognostici la testa è dolicocefala quando la lunghezza prevale sulla larghezza (come nel caso del Dogo Argentino), mentre la testa è brachicefala quando la larghezza prevale sulla lunghezza totale.
REGIONE CRANICA
Cranio: Massiccio, convesso sia in senso longitudinale, che trasversale, per via dei rilievi formati dai muscoli masticatori e della nuca.
Occipite: Non si nota il suo rilievo, perché i potenti muscoli della nuca lo nascondono del tutto.
Stop: Definito, non deve essere profondo, né formare angoli retti.
REGIONE FACCIALE
Della stessa lunghezza della regione cranica, vale a dire che la linea che unisce le due apofisi orbitali dell'osso frontale è alla stessa distanza dall'occipite e dal bordo alveolare del mascellare superiore.
Tartufo: Fortemente pigmentato di nero, narici ben ampie.
Muso: Della stessa lunghezza del cranio, con la linea superiore concava.
Labbra: Aderenti, con bordi liberi, pigmentate di nero, mai pendule.
Mandibole/Denti: Sono formati da mascelle correttamente impiantate, ben sviluppate e forti, senza prognatismo od enognatismo, con denti sani, grandi e ben radicati. Si raccomanda una dentatura completa. La chiusura è a forbice, accentandosi la tenaglia.
Questo passo dello standard è, come ho accennato prima, molto importante perché penalizza (a differenza della prima stesura) gravi difetti assoluti.
Ricordiamo che in termini conognostici il difetto è tale quando una regione del corpo è strutturata in modo tale da non soddisfare le funzionalità a cui è preposta. Il difetto può essere acquisito o congenito e in quest’ultimo caso assume particolare gravità perché è trasmissibile ai discendenti.
In tema di dentatura, la selezione deve porre particolare attenzione non solo alla completezza e alla corretta chiusura, ma anche alla non meno importante dimensione dei denti. La microdontia (denti piccoli) è un difetto funzionale da correggere.
Guance: Ampie, marcate, coperte da una pelle forte, senza pieghe. Masseteri ben sviluppati.
Occhi: Di media grandezza, a mandorla, scuri o color nocciola, con palpebre preferibilmente pigmentate di nero. La loro posizione è sub-frontale, ben separati, sguardo vivo ed intelligente ma, allo stesso tempo, con una marcata durezza (quindi non avevo torto a proposito dell’espressione … ).
Orecchie: Inserite lateralmente e alte, con una buona separazione tra le stesse, data dalla ampiezza del cranio. Funzionalmente, devono presentarsi amputate ed erette, di forma triangolare e di una lunghezza che non superi il 50% del bordo anteriore del padiglione auricolare dell'orecchio naturale.
Integre sono di media lunghezza, ampie, grosse ed arrotondate all'apice. Il pelo è uniforme, più corto che nel resto del corpo e ci possono essere piccole macchie, che non sono motivo di penalizzazione. Portate naturalmente pendenti, coprono la regione posteriore delle guance. In attenzione possono essere semierette.
COLLO
Grosso, arcuato, la pelle della gola è molto spessa, forma delle rughe con morbide pieghe, senza formare giogaia. L'elasticità della pelle del collo si deve al tessuto cellulare molto lasso.
CORPO
Rettangolare. La lunghezza del corpo (misurato dalla punta della spalla alla punta dell'ischio) può superare solo fino al dieci per cento la sua altezza al garrese, non di più.
Linea superiore: Più alta al garrese e inclinata fino alla groppa con una leggera pendenza. I soggetti adulti presentano un canale lungo la colonna vertebrale , grazie al rilievo dei muscoli ileo-spinali. Vista di lato non deve presentare cedimenti.
Garrese: Forte, ben sviluppato e alto.
Dorso: Molto forte e dai grandi rilievi muscolari.
Lombo: Corto, largo, dalla grande muscolatura.
Groppa: Larga e forte. Di media inclinazione.
Petto: Ampio e profondo. Visto di fronte e di profilo, la linea sternale deve scendere fin sotto la linea dei gomiti, dando in questo modo la massima capacità respiratoria. Torace largo con costole moderatamente arcuate.
Linea inferiore e ventre: Risale leggermente dalla linea inferiore del torace, mai levrettato, forte e con una buona tensione muscolare.
CODA
Lunga, senza andare oltre i garretti, grossa, dalla media inserzione. A riposo la possiamo vedere portata naturalmente in posizione abbassata; in attenzione o in movimento, alzata ad arco, con una ampia curvatura che arriva fino alla punta.
MOVIMENTO
Agile e forte, con cambi repentini al mostrare interesse verso altro, dai riflessi rapidi, tipico della razza. Passo calmo. Trotto ampio, con un buon allungo dell'anteriore e una buona propulsione del posteriore. Al galoppo mostra tutta la sua energia e sviluppa tutta la potenza che ha. Il suo movimento è agile, sicuro, al passo, trotto o galoppo. Deve essere armonico e misurato, mostrando una solida costruzione corporea. Non si accetta l'ambio, lo si considera un grave difetto.
Lo standard descrive molto dettagliatamente il movimento, fattore basilare per l’utilizzo originario. L’ambio è considerato difetto grave; in altre razze è ammesso. L’ambio è un’andatura camminata a due battute durante la quale gli arti si muovono contemporaneamente per bipede laterale. L’ambio è un’andatura naturale per alcuni grandi animali come il cammello, la giraffa e l’elefante ma non è paragonabile a quello del cane perché non presenta l’identica sincronia. Nei cavalli è generalmente un’andatura acquisita ma in alcune razza esistono ambiatori naturali. Le oscillazione laterali del corpo sono abbastanza marcate e provocano quel particolare rollio per cui pare che l’animale “si culli”.
L’ambio è un’andatura relativamente rapida ma instabile e costringe il cane a ripetere celermente il movimento degli arti che si svolge molto vicino al suolo per cui si dice, con felice espressione zoognostica, che l’animale “rade il tappeto” appunto per non perdere l’equilibrio. Lo standard della maggior parte delle razze canine, tranne alcune eccezioni dove questa andatura è ammessa, annovera l’ambio tra i difetti in quanto, secondo alcuni, è un’andatura defatigante. Però è facile obiettare che se lo fosse il cane non l’adotterebbe. Per contro certuni sostengono che si tratta di un’andatura riposante.
L’argomento si presta a molteplici interpretazioni così sintetizzabili: è vero che il baricentro invece che spostarsi verticalmente come nel troppo e nel galoppo, si sposta lateralmente (da sinistra a destra) e conseguentemente, essendo la base di sostegno più ridotta, si dimostrerebbe la faticosità dell’ambio che viene pertanto considerato difettoso, come ripeto, dalla maggior parte degli standard.
Ma allora perché in alcune razze canine esistono soggetti ambiatori in tal numero da far ammettere dallo standard questa andatura?
Non disponiamo dell’anello di re Salomone ed è quindi impossibile porre il quesito ai diretti interessati. Il problema, per altro di importanza zoognostica molto relativa, rimarrà irrisolto. Le verità assiomatiche mal si addicono alla cinognostica che in taluni casi impone la formula dubitativa.
PELLE
Omogenea, spessa, ma elastica. Aderente al corpo per un tessuto sub-cutaneo semi-lasso, elastico, senza formare rughe; fatta eccezione alla gola, dove il tessuto cellulare sub-cutaneo è più lasso. Si preferiscono gli esemplari con le labbra e le palpebre pigmentate di nero. Non si penalizza la pelle pigmentata di nero.
Quest’ultimo particolare è da sottolineare perché ne scaturisce un’osservazione importante: talvolta il cane bianco presenta zone più o meno estese di pelle nera. Questa forte carica di pigmento è un fattore pregevole perché, come è noto, un suo stato carenziale può comportare deficit di udito, di vista e anche di fertilità.
MANTO
Pelo: uniforme, corto, diritto, con una lunghezza approssimativa da 1,5 a 2 cm. La densità e lo spessore variano a seconda del clima.
Colore: Interamente bianco. E' ammessa una sola macchia nera, oppure scura, sul cranio. La stessa può essere situata anche su una delle orecchie od intorno agli occhi. La grandezza della macchia deve avere un'adeguata proporzione, non superando il dieci per cento della grandezza della testa. Tra due esemplari delle medesime condizioni, si dovrà optare per l'esemplare più bianco.
TAGLIA E PESO
Altezza al garrese
Maschi: da 60 a 68 cm. Femmine: da 60 a 65 cm.
Altezza ideale
Maschi: da 64 a 65 cm. Femmine: da 62 a 64 cm.
Peso approssimativo
Maschi: da 40 a 45kg. Femmine: da 40 a 43Kg.